Dicembre 7, 2024

Voci dal mondo: Gent!

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Che cosa significa per un giovane trasferirsi a Gent, piccola cittadina del Belgio? L'abbiamo chiesto a Lorenzo Brivio, un ragazzo che ha fatto l'Erasmus lì

Cosa ti ha stimolato a intraprendere questa avventura all’estero?


Sono vari i motivi che mi hanno spinto a partire per l’Erasmus: sicuramente una delle ragioni principali è stata il fatto di volermi mettere alla prova in un contesto nuovo, fuori dal mio paese, da solo e lontano da famiglia e amici, in secondo luogo ero convinto (e lo sono tuttora) che oltre ad essere un’esperienza utile a livello personale, sarebbe stata anche rilevante a livello formativo e un buon ‘plus’ al mio curriculum. Insomma i motivi principali sono un po’ sempre gli stessi: mettersi alla prova sia a livello personale imparando a cavarsela da soli in un paese diverso con tutti i problemi organizzativi e burocratici che inevitabilmente ne scaturiscono, sia a livello universitario entrando in contatto con una nuova università e confrontandosi con questa, rendersi conto del livello della propria preparazione e cercare di adattarsi al nuovo ambiente.Ti posso dire invece che l’intenzione di migliorare il mio inglese non rientrava tra i motivi per cui ho deciso di partire, ero convinto che non avrei imparato granché parlando con altri ragazzi non madrelingua inglesi come me. In realtà i 6 mesi di Erasmus in Belgio sono stati decisivi anche nel miglioramento della fluidità del mio inglese.
Un’altra motivazione è stata banalmente quella di non voler perdere l’occasione unica di vivere l’Erasmus, di vedere e vivere l’Europa, di conoscere gente dall’Europa.

Nella prima fase di permanenza ti sei sentito nostalgico e disorientato o sei riuscito ad ambientarti subito?

No, mi sono ambientato subito, dal primo giorno. La mia fortuna credo sia stata quella di conoscere subito un gruppetto di ragazzi italiani coi quali poi è stato molto più facile allargare il cerchio di amicizie e conoscenze.
Fondamentale è stata anche la scelta della residenza: su consiglio diretto dell’università di Gent ho preso una camera in un dormitorio di studenti (saremo stati più di 300 in totale) e questo ha reso molto più facile e veloce il processo di ambientamento.
Menzionerei anche il lavoro dell’associazione ESN (Erasmus Student Network) che ha contribuito in maniera rilevante all’accoglienza nei primi giorni e ha facilitato molto i contatti con varie iniziative sociali.
Anche per quanto riguarda l’Università, l’ambientamento è stato facile: essendo Gent proprio una città universitaria che punta molto all’internazionalizzazione, i vari dipartimenti sono molto attenti ai loro studenti stranieri e l’organizzazione di ‘Welcome Days’ e presentazioni varie è stata utilissima in questo senso.
In ultimo c’è da dire che il Belgio, e in particolare la parte nord (Fiandre) è un paese molto internazionale, usi e costumi non sono poi così diversi da quelli italiani; tutti parlano l’inglese, da chi sta agli uffici pubblici alle cassiere dei supermercati, per cui diciamo che ci si ambienta subito.

Ti è capitato di desiderare di tornare a casa prima della conclusione?

Sono sincero: no.
In realtà sono molto legato alla mia famiglia e a qualche amico ma non ho davvero mai desiderato di tornare a casa durante la mia permanenza a Gent: a livello di relazioni sono stato davvero bene con le persone che ho trovato e sono sempre rimasto in stretto contatto con famiglia e amici in Italia.
Sono anche sicuro che un motivo fondamentale per cui non ho sentito alcuna nostalgia di casa sia il fatto che fossi a 2 ore e 14 euro (il costo di un biglietto d’aereo) di distanza da casa, e il pensiero di poterci tornare in qualsiasi momento senza nessuna difficoltà mi ha sempre fatto stare tranquillo.

In che modo sei stato accolto dalla popolazione locale? E’ stato difficile sentirti a tuo agio e relazionarti con gli altri studenti?

Sembra strano a dirsi, ma non ho mai avuto la sensazione di essere stato accolto dalla popolazione locale: non so, non ce n’è stato bisogno: come detto prima, Gent è una città abbastanza piccola e con forte vocazione universitaria, per cui credo che la popolazione locale sia abituata alla presenza di molti studenti stranieri e li tratti allo stesso modo in cui tratta i locali: non ricordo di aver mai avuto la sensazione di essere ‘lo straniero’.
Comunque non ho frequentato granché i miei coetanei fiamminghi, ad eccezione dei miei compagni di corso: vivendo in una residenza di studenti Erasmus, la maggior parte dei contatti li ho avuti con loro e non è stato per niente difficile relazionarcisi: non essere stato da solo fin da subito ha aiutato, il resto l’ha fatto la situazione di ‘disagio iniziale’ comune con tutti gli studenti del dormitorio.

Alla luce della tua esperienza, quali ritieni siano i punti di forza della didattica belga e quali i suoi limiti, a confronto con quella italiana?

Il motto (sbandierato ovunque) dell’università di Gent è: ‘dare to think’ ossia ’osa pensare’. In effetti la maggior parte dei corsi che ho seguito ha richiesto poco sforzo di memorizzazione e molto invece di comprensione profonda dei concetti, e questo è sicuramente un bene.  Non tutti i corsi però richiedono uno studio di questo tipo e ce ne sono parecchi (sentendo anche testimonianze di altri studenti) strutturati in maniera opposta. Credo comunque che il livello della didattica sia molto buono, confrontandomi con gli studenti locali ho sempre avuto la sensazione di parlare con persone preparate (sensazione che invece non ho sempre avuto parlando con altri studenti stranieri). In particolare un loro punto di forza è il fatto che la quasi totalità dei corsi richieda di portare avanti delle consegne (progetti individuali o di gruppo) durante il semestre, permettendo di mettere le mani direttamente su ciò che si vede a lezione e di stare meglio al passo.


Consiglieresti agli altri giovani di aderire al progetto Erasmus, e più nello specifico di scegliere il Belgio?

Si, senza dubbio. Confermo ciò che dicono tutti gli studenti che tornano: anche per me l’Erasmus è stata un’esperienza incredibile: ho imparato tanto, da tutti i punti di vista. Sono tornato diverso da come sono partito, con un bel bagaglio di esperienze significative e oserei dire anche parecchio più ‘self confident’, sicuro di me.
Credo che il fatto di sapere fin da subito che, comunque vada, sarà un’esperienza di soli 6 mesi permetta di viverla al meglio, con la spensieratezza giusta e senza l’ansia di non sapere se e quando si tornerà a casa. Per quanto riguarda il Belgio nello specifico, sì, lo consiglio. Sicuramente ci saranno paesi e città con maggiore appeal ma per me l’ambiente non troppo dispersivo di Gent è stato perfetto e mi ha permesso di conoscere la città in ogni sua sfumatura. Il grande lato positivo del Belgio invece è la sua posizione abbastanza centrale in Europa: siamo riusciti a visitare Parigi, Rotterdam, Bruxelles e varie altre grandi città in Francia e nello stesso Belgio, cosa che ha ulteriormente aumentato il respiro internazionale della mia permanenza a Gent.
Un’ultima considerazione: in Belgio (almeno nella regione delle Fiandre dove sono stato) si parla Fiammingo (una lingua germanofona-incomprensibile simile all’Olandese) ma l’inglese è diffusissimo e tutti lo parlano fluentemente. Questo è un grosso vantaggio se non avete voglia di mettervi ad imparare una lingua e io ne ero entusiasta, anche se ora un po’ mi spiace di non aver imparato nemmeno una singola parola in Fiammingo… insomma non scegliete il Belgio se uno dei vostri obiettivi è quello di imparare una lingua nuova.

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