IL CONTRIBUTO DELLA DIFFUSIONE DEL CONTAINER ALLA GLOBALIZZAZIONE
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Prima della diffusione del container il trasporto delle merci non avveniva in un flusso unico, ma con una serie di passaggi continuamente interrotti e spezzati.
Il comparto logistico prima dell’avvento della scatola di metallo: tragici incidenti e costi di trasporto elevati
Quanto era conveniente organizzare un’ esportazione transoceanica prima della nascita del container, datata 26 aprile 1956? I costi di trasporto potevano rappresentare un vero e proprio ostacolo, ancor più imponente delle barriere commerciali di cui si dibatte in questi giorni.
A titolo di esempio, una ditta farmaceutica poteva pagare approssimativamente 2400 dollari, ai prezzi correnti, per spedire un TIR carico di medicinali dal Midwest all’Europa continentale. Il trasporto su camion, ferrovia, e via mare doveva essere curato da più di una decina di operatori diversi.
Le soste della merce nei magazzini, moltiplicavano i rischi di deperimento, danni e furti. Per molti prodotti, negli anni 50 del XIX secolo i costi di spedizione potevano incidere sino al 25% sul prezzo finale al consumatore.
Dalla nave al treno ed al camion, ogni volta che cambiava il mezzo bisognava scaricare e ricaricare fisicamente il contenuto a braccia. Bottiglie di whisky o sacchi di caffè, pneumatici o cubi e lamiere di acciaio, Ogni merce era un caso a sé, con imballaggi diversi, dai formati incompatibili.Portuali, facchini, manovali, sudore di schiena e bicipiti, fatica fisica e tragici incidenti sul lavoro: questa componente umana occupava un posto fondamentale nel business mercantile.

La nascita del container: contesto storico e geografico
Nel 1960, negli Stati Uniti, il commercio internazionale risultava essere inferiore rispetto al 1950, o persino al 1930 (poco dopo la Grande Depressione). Era necessario incrementarne il volume in rapporto alle dimensioni dell’economia.
L’imprenditore statunitense Malcolm Mc Lean è considerato il pioniere del trasporto via container. Durante la seconda guerra Malcolm Mc Lean aveva ingrandito la sua azienda.
Mentre il volume dei trasporti su ferrovia stagnava, fra il 1946 e il 1950 il traffico di camion sulle lunghe distanze raddoppiò. Il Motor Carrier Act, un decreto federale del 1935 aveva portato il trasporto interstatale su strada sotto l’egida dell’ ICC, l’organismo che regolamentava il settore ferroviario fin dal 1887. L’ICC (Intestate Commerce Commission) controllava quasi ogni dettaglio dell’attività dei vettori, proteggendo gli interessi delle società di autotrasporti esistenti, a scapito della concorrenza, ed anche dell’efficienza. La relativa regolamentazione si estendeva agli itinerari dei veicoli, prevedendo, direttamente o indirettamente, non infrequenti viaggi di ritorno a vuoto.
Malcolm Mc Lean si dimostrò in grado di aggirare gli ostacoli esistenti. Se ottenere nuove linee era troppo difficile perché non acquistare un vettore che già si muoveva su rotte allettanti? E se comprare un’altra società di autotrasporti era troppo costoso perché non affittarne una?
Più avanti subentrarono vere e proprie resistenze. La scatola di metallo minacciava potenti interessi: mestieri antichi come gli scaricatori di porto, dinastie di armatori e perfino la vocazione di intere città di mare che potevano rivelarsi impreparate e inadatte al nuovo modo di movimentare le merci. Anche i comparti descritti furono interessati dalla pratica del featherbedding, consistente nel tenere artificialmente alto il livello di occupazione.
I fattori che favorirono l’estensione della containerizzazione al resto del mondo
I primi container che attraversavano l’Atlantico trasportavano sostanzialmente due tipi di merci: whisky verso l’America e strumenti militari verso l’Europa. Gli esportatori di alcoolici lamentavano da sempre gravi perdite dovute ai furti nei porti, quindi non fu difficile convincerli dell’utilità del nuovo sistema di trasporto.
Il momento cruciale per la diffusione del container è stata la guerra del Vietnam. In previsione del ritiro delle truppe, era impossibile giustificare eventuali spese per la ristrutturazione di moli, magazzini ed altre infrastrutture permanenti. Il Vietnam si estende da nord a sud per 1.100 km, aveva una solo porto in acque profonde, una linea ferroviaria per lo più inutilizzabile ed una rete stradale frammentaria, in gran parte non asfaltata. Un luogo dunque tra i meno adatti al mondo nel supportare una moderna forza militare. Gli importatori commerciali erano abituati a lasciare i beni al porto quanto più possibile per ritardare il pagamento dei dazi doganali. Il furto di merci per lo più ad opera di generali sudvietnamiti era talmente diffuso che la polizia militare doveva scortare i camion dal porto fino ai magazzini militari.

Oggi quando vediamo blocchi di container impilati uno sopra l’altro ci è difficile immaginare l’interregno in cui non esisteva uno standard uniforme del recipiente universale. Il 1966 è l’anno in cui le dimensioni standard dei container si impongono definitivamente sul mercato. Giova sottolineare quanto i benefici della standardizzazione, in campo industriale (con l’I.S.O.), logistico e di globalizzazione giuridica, abbiano propiziato e possano propiziare riduzione delle diseguaglianze e, sperabilmente, giustizia climatica, che necessita dell’applicazione di regole del gioco uniformi . Giova sottolineare che, il più delle volte, la standardizzazione è stata innescata perlopiù da ampie convergenze di interesse e raramente dall’implementazione di minuziose regolamentazioni.
Nel 1966 il coinvolgimento degli operatori marittimi e dei porti nella containerizzazione ha raggiunto il punto di non ritorno.
Testa e croce dell’espansione della containerizzazione: tra catene logistiche e gigantismo navale.
Grazie al calo dei costi di trasporto risultò che la scelta più conveniente era che Barbie, concepita dalla fabbrica americana Mattel alla fine degli anni Cinquanta, venisse prodotta da un’industria cinese, in plastica taiwanese con coloranti americani e cappelli giapponesi e poi spedita alle impazienti bambine di tutto il mondo.

La produzione della Barbie è esempio pratico tra le soluzioni che iniziarono ad imporsi nei primi anni Ottanta quando il mondo scoprì la formula del just in time. Tali risultati non sarebbero stati possibili senza la containerizzazione, ed il gigantismo navale che ne ha accresciuto le potenzialità (anche se con impatti che nel medio e lungo termine potrebbero rivelarsi di segno non positivo nel comparto della finanza globale..). Catene logistiche come quelle di Barbie sono il risultato diretto dell’affermarsi del trasporto in container.
Una recente puntata di Melog ha affrontato il preoccupante incremento del furto di merci nell’ambito dell’autotrasporto, e fa pensare alle potenzialità della containerizzazione anche nel trasporto non transoceanico, nonostante con ciò non si possano azzerare rischi in termini di furti e sicurezza.
Numerose evidenze sperimentali dimostrano che una ricaduta tutt’altro che secondaria del libero commercio è proprio il mantenimento della pace. Le conseguenze dell’avvento del banale parallelepipedo di metallo nella nostra vita quotidiana, sull’economia e sulla geopolitica sono state tanto profonde da eguagliare per importanza la diffusione dell’informatica. La Rete ha creato una ragnatela intorno alla Terra, e senza la rete di scambi commerciali incrementata anche dalla diffusione del container, oggi risulterebbe più difficile mantenere pace, stabilità e prosperità.
PER SAPERNE DI PIU’
“The Box. Storia della scatola che ha cambiato il mondo”. 2007, Marc Levinson

Laureato in economia, mi appassiona l’evoluzione della governance globale, che oggi deve fronteggiare problemi globali. Credo che grazie al metodo scientifico sia possibile cogliere quanto sono meravigliosi il mondo ed il cosmo.
Dopotutto miracolo significa “cosa meravigliosa”.