Dicembre 5, 2024

Costanza Bonarelli: una dichiarazione d’amore scolpita nel marmo

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Nel 1632 Bernini scolpisce la sua unica opera privata e rende immortale il suo amore per Costanza Bonarelli

Busto di Costanza Bonarelli – Gianlorenzo Bernini – 1637/8 ca. – marmo – 72 cm – Museo nazionale del Bargello, Firenze

“Roma, 1637. Prima dell’alba, in una città ancora addormentata, un uomo attende nella penombra, mentre osserva la facciata di una casa poco distante. Improvvisamente, il portone si dischiude e il nostro sobbalza nel riconoscere il volto della persona che sta uscendo; scatta mosso dall’ira e, furente, si avventa verso colui che si stava allontanando dall’abitazione.”

Potrebbero essere le prime righe di un avvincente romanzo storico, ma si tratta invece della cronaca di un avvenimento realmente successo e che vede tra i protagonisti uno dei più importanti artisti italiani di tutti i tempi: Gianlorenzo Bernini.

La casa in questione è quella di Costanza Piccolomini, la figlia di uno stalliere, discendente di un ramo cadetto della grande famiglia di nobili senesi, il cui nome la donna porta con orgoglio. Rimasta presto orfana di madre, viene data in sposa a Matteo Bonarelli, collezionista d’arte e scultore allievo di Bernini, che lo fa lavorare allo splendido e maestoso Baldacchino di San Pietro.

Costanza è una donna di gran fascino e bellezza, che con spregiudicatezza per i tempi, porta avanti con il marito l’attività di famiglia nel mercato dell’arte; ci vuol poco perché il maestro Bernini si accorga di lei.

Tra i due scoppia la passione e per un paio di anni intrattengono una relazione clandestina. Il frutto di questo amore fugace è l’opera più personale del grande artista: il busto di Costanza Bonarelli.

L’opera viene realizzata da Bernini per fruizione privata; nessun committente, se non sé stesso e il desiderio di poter ammirare il volto della donna amata ogni volta che desidera.

Il marmo viene lavorato e levigato per riprodurre l’incarnato della ragazza; il magistrale uso del chiaroscuro dona realismo alle ciocche scomposte dei capelli, caratterizzate dal dinamismo tipico delle opere berniniane. Meno tipica è invece l’indagine psicologia, ben lontana dalla pacata classicità delle sculture fino a quel momento realizzate, interpreti di miti o soggetti religiosi.

Si tratta di un ritratto insolito per l’epoca: la ragazza viene colta in un momento della vita quotidiana, i capelli sono raccolti in modo disordinato, quasi spettinato, come se si fosse appena svegliata e alzata dal letto. All’alcova d’amore ci riporta anche ciò che indossa: una camicia, forse da notte, slacciata sul décolleté, avvolge con morbide pieghe le spalle e il seno della giovane, lasciando intravedere più di quello che la buona creanza dell’epoca considera consono.

Inoltre, Costanza ha le labbra dischiuse, forse in un moto di stupore, o perché sta raccontando qualcosa. Magari, addirittura, perché impegnata in una discussione. Questo potrebbe sembrare un dettaglio irrilevante, ma ritrarre una donna nell’atto di parlare, significa darle voce, diritto di parola, in un periodo in cui alle donne era spesso richiesto di rimanere in silenzio. Questa scelta evidenzia il carattere della Bonarelli, una donna che, seppur giovane, ricopre un ruolo all’interno della società. Esperta di arte, collezionista e mercante, rimasta vedova continua il mestiere anche senza il marito, facendo fiorire l’attività con successo.

La storia tra Bernini e la ragazza, tuttavia, è destinata a finire male. Costanza infatti, intreccia una relazione anche con il fratello di Gianlorenzo, Luigi, che viene appunto colto in flagrante e quasi ucciso dalle percosse. L’epilogo per Costanza sarà anche peggiore: pazzo di gelosia, l’amante manda un servo alla sua porta e la fa sfregiare. Verrà rinchiusa per diversi anni in un convento ad espiare le sue colpe di donna dissoluta, fino a che ottiene il perdono e il permesso di tornare a casa, per riprendere in mano la sua vita.

Il ritratto della giovane non rimarrà a lungo in casa di Bernini: sappiamo che già nel 1645 si trova a Firenze, in casa del cardinale Giovan Carlo de’ Medici, probabilmente un dono dello stesso scultore.

Oggi è conservato al Museo nazionale del Bargello a Firenze.

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